Un diritto non è ciò che ti viene dato da qualcuno; è ciò che nessuno può toglierti. (Giudice Tom C. Clark)

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Velletri, li denunciò e lo picchiarono: dopo 8 anni condannati gli agenti

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di Valentina Stella Il Dubbio 29 maggio 2018

Condannati a tre anni di reclusione due agenti di polizia penitenziaria che nel 2010 pestarono a sangue il detenuto Ismail Ltaief all’interno del carcere di Velletri: si tratta di Roberto Pagani e Carmine Fieramosca, all’epoca dei fatti, rispettivamente, Ispettore capo e Assistente capo del Corpo di Polizia penitenziaria in servizio presso la Casa circondariale di Velletri. Entrambi erano imputati del reato di cui agli artt. 110, 582 e 583 comma 1 numero 1 e 585 c. p., perché tra il 27 e il 28 maggio 2010, in concorso tra loro – dopo aver fatto uscire Ltaief dalla propria cella ed averlo condotto con un pretesto all’interno dell’ufficio dell’ispettore Pagani – lo prendevano a calci e lo percuotevano con un tubo flessibile di plastica dura cagionandogli lesioni personali gravi consistite in frattura della vertebra, contusione costale ed ecchimosi varie al dorso e alla legione lombare. Il Tribunale di Velletri con la decisione di ieri ha disposto che i danni fisici patiti da Ismail Ltaief dovranno essere liquidati in un separato giudizio, ma nel frattempo ha condannato i due imputati a pagare una provvisionale immediatamente esecutiva di 20mila euro in favore del detenuto, oltre alle spese legali per la costituzione di parte civile.

Ismail Ltaief, di nazionalità tunisina, all’epoca dei fatti lavorava nelle cucine del carcere. Quando si è accorto che alcuni agenti di polizia penitenziaria sottraevano regolarmente cibo destinato ai detenuti per portarlo fuori dal carcere, li ha denunciati. Da questo momento per lui è iniziato un incubo fatto di minacce, intimidazioni e violenze, fino al brutale pestaggio. Al processo ha dichiarato: ‘ Non ho accettato questo sistema di ruberie e furti da parte degli agenti di polizia penitenziaria, per questo motivo sono stato portato all’interno dell’ufficio dell’Ispettore Pagani per poi essere massacrato di botte. Io ero attorcigliato a terra come un verme, e loro continuavano a picchiarmi con un tubo flessibile di plastica. Mi sono pisciato sotto, ho vomitato e poi ho perso i sensi’. A seguito della denuncia del detenuto, il sostituto Procuratore della Repubblica di Velletri, dottor Carlo Morra, ha subito avviato le indagini e, col tempo, senza mai risparmiarsi, pur sapendo quanto sia difficile in generale istruire processi per fare luce sui reati che si consumano all’interno delle carceri, è riuscito ad ottenere questa importante pronuncia di condanna.

«Dopo otto lunghi anni – dice al Dubbio l’avvocato Alessandro Gerardi, che per conto di Ismail Ltaief si è costituito parte civile nel processo – la sentenza rende finalmente giustizia all’ex deteautorità nuto tunisino che ha subito brutali violenze fisiche e psicologiche all’interno della Casa Circondariale di Velletri solo perché ‘ colpevole’ di aver accusato personale e agenti dell’amministrazione penitenziaria di essere complici nella sottrazione di notevoli quantitativi di vitto destinato ai detenuti”.

Le motivazioni arriveranno entro 90 giorni ma nel frattempo conclude l’avvocato Gerardi «non posso non ringraziare Irene Testa dell’Associazione Il Detenuto Ignoto, Rita Bernardini e il Partito Radicale per essere stati gli unici, all’epoca dei fatti, ad accendere i riflettori su questa drammatica storia. Purtroppo ci sono voluti anni prima che la verità venisse a galla, questo perché all’interno del carcere di Velletri ci fu chi nascose le circostanze del pestaggio preferendo voltare la testa dall’altra parte. Quello di Ismail Ltaief è un caso Cucchi fortunatamente incompiuto ed è una vicenda che dimostra quanto il carcere abbia modificato se stesso nel corso degli ultimi anni. Ormai gli istituti penitenziari sono diventati territori sconosciuti e i ‘ pestaggi’, quelli che nella campionatura carceraria sono inseriti tra gli ‘ eventi critici’, e che vengono effettuati a volte anche per motivi banali, non accennano a scomparire».

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